La maggiore preoccupazione per I’imprenditoria italiana, nell’attuale quadro politico internazionale, è la difficolta nell’effettuare una programmazione economica e finanziaria a medio e lungo termine. Per questo le aziende, inevitabilmente, sono spinte alla ricerca di aiuti concreti da parte dello Stato e delle sue istituzioni per fronteggiare la prospettiva di una crisi del mercato estero e, di riflesso, nazionale.
Il problema che si pone deriva dalla scarsita di aiuti efficaci, in particolare dalla scarsita di aiuti che potrebbero essere volti, per esempio, a ridurre la pressione fiscale sulle imprese. Ci si riferisce soprattutto (ma non solo) allincidenza della tassazione sul costo del lavoro, tale e a tal punto elevata (trale più alte in Europa) da disincentivare l’investimento sul capitale umano, indispensabile per il ciclo produttivo della stragrande maggioranza dei settori merceologici. Questo induce a soluzioni di comodo spesso non del tutto in linea con i precetti di legge (collaborazioni occasionali, lavoro autonomo, fornitura di manodopera), ma ritenute dai
più come necessari per salvare la marginalita del profitto, a sua volta fondamentale per quella programmazione di medio e lungo raggio che, come si è detto, 0ggi rappresenta la maggior preoccupazione degli imprenditori. Si tratta di un fenomeno destinato inevitabilmente a perdurare nel tempo. Specialmente se non si coglieranno velocemente i reali problemi che una così pressante tassazione può generare.
Ancor più in un clima come quello attuale, dove lincertezza dei rapporti giuridici sta alimentando una fisiologica contrazione della domanda in tutti i settori produttivi con una conseguente contrazione degli investimenti; due fattori che bisogna necessariamente scongiurare il più rapidamente possibile. Proprio la contrazione degli investimenti merita ancor più attenzione. Sul fronte commerciale internazionale, infatti, gli accordi di collaborazione fra imprese italiane e straniere, con particolare attenzione a quelle situate nei territori oggi invasi dalle milizie russe, stanno facendo registrare serie difficoltà. Il tema non riguarda soltanto il forte rallentamento, e talora l’arresto, che la produzione ha inevitabilmente subito (specie per i partner commerciali ucraini), ma anche difficoltà colaterali altrettanto importanti come l’impossibilità di approvvigionare le materie prime.
In questo scenario si registra un fenomeno già iniziato con la pandemia: molte imprese diventano, per l’impossibilità anzidetta, inadempienti rispetto ai contratti illo-tempore sottoscritti. Queste aziende si trovano nell’impossibilità di adempiere alle prestazioni che si erano impegnate a fornire, di consegnare beni o componenti indispensabili per molte produzioni, o prodotti già pronti per la vendita al pubblico, di garantire quell’assistenza commerciale ai prodotti che era tipicamente diffusa, di poter gestire la riconsegna di prodotti difettosi o la loro sostituzione in tempi ragionevoli. Insomma un vero collasso generale.
Le migliori soluzioni al problema, in un quadro politico così mutevole, sono diverse, ma transitano tutte, sicuramente, attraverso un’attenta analisi delle clausole da apporre nel contratto di partnership. Clausole che devono necessariamente prevedere soluzioni di exit strategy, laddove venga individuato concretamente un problema. Certamente il supporto di un team qualificato di legali in grado di fornire tutto questo è conveniente e funzionale a garantire una prevenzione rispetto ai rischi elevati che si possono correre. Il rischio dell’inadempimento, infatti, non riguarda solo la controparte contrattuale, ma spesso può interessare la stessa impresa italiana che, dipendendo dal prodotto o servizio dell’impresa estera, potrebbe a sua volta mancare nell’adempimento alle obbligazioni assunte con altri partner; anche stranieri. Ecco allora l’importanza di prevedere clausole di rinegoziazione funzionali alla conservazione del contratto e, con esso, del rapporto commerciale, cosi da fronteggiare uno dei rischi prevalent dell’attuale commercio estero e cioò il fatto che il diritto di molti Paesi, a differenza del nostro, sembri propendere per la risoluzione del rapporto giuridico piuttosto che per la sua salvaguardia. In quest’ottica, solo per fare alcuni esempi, puo rivelarsi fondamentale la presenza, nel’accordo commerciale fra l’impresa italiana e il partner straniero, di clausole di hardship volte a disciplinare casi come quello attuale in cui il sinallagma rischia di essere seriamente alterato a favore dell’uno o dell’altro contraente, oppure clausole di export control, con una verifica circa gli (eventuali) effetti che la situazione internazionale attuale produrra sul rapporto contrattuale. Per tornare all’esempio dell’approvvigionamento di materie prime, ricorrente è il caso in cui le prestazioni previste nel contratto commerciale siano state subordinate all’effettiva possibilita di esportazione della merce.